Con il volume "Organizzare l'opera" la musicologa Cristina Scuderi si addentra nella vita dei teatri dell'opposta sponda dell'Adriatico.
Quando si parla di una sala d'opera italiana all'estero, il pensiero va immediatamente al celebre Théâtre-Italien di Parigi, sulle cui tavole sino al 1878 si successero generazioni di compositori nostrani. Ma l'opera italiana dominava anche in molti altri teatri d'Europa.
In particolare il suo culto era vivissimo in taluni centri dell'Impero Austro-Ungarico dove la componente italiana era, se non prevalente, quanto meno assai influente. Parliamo di Gorizia, Udine e Trieste, per poi scendere a sud lungo l'Adriatico verso Pola, Fiume, Zara, Lussino, Sebenico, Spalato e Ragusa (l'odierna Dubrovnik). Città costiere, ed attivi porti di mare sino al 1792 già tutti posti - meno l'indomita Repubblica Ragusea - sotto gli stendardi del Leone di San Marco.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Ai teatri d'opera di tali centri si è indirizzata l'attenzione di Cristina Scuderi, attualmente ricercatrice e docente presso la Karl-Franzens Universität di Graz in Austria, che ha fatto confluire anni di ricerca ed analisi archivistica confluiti nel volume Organizzare l'opera (1861-1918) - Teatri dell'Adriatico Orientale, appena edito da LIM - Libreria Musicale Italiana.
Dal governo veneziano a quello asburgico
L'Istria, il Quarnero e la Dalmazia, con Fiume a far da cerniera, annoveravano varie località, più o meno importanti nelle quali, dopo la caduta della Serenissima e l'arrivo dei nuovi governanti, i sobborghi e l'entroterra restavano popolati da gente slovena o croata, dedita prevalentemente all'agricoltura ed alla pastorizia; mentre l'apparato burocratico, dopo l'annessione alla corona austriaca, passava vieppiù in mano a funzionari inviati da Vienna.
L'élite cittadina restava formata quasi esclusivamente da una piccola nobiltà e da una borghesia mercantile e industriale di ceppo italiano, colta e facoltosa. Da secoli entità sociali ancora legate alle antiche consuetudini veneziane, e comunque idealmente rivolte all'Italia di cui si sentivano far parte, parlandone anche la lingua; ed alla quale peraltro erano unite da regolari linee navali che collegavano le due sponde dell'Adriatico.
Un faticoso lavoro di scavo negli archivi
Scavare negli archivi di piccoli e grandi teatri dell'Adriatico Orientale ha richiesto all'autrice lungo tempo, infinita pazienza, ed un profondo, accurato lavoro di analisi e confronto. Però, alla fine, il corposo testo che abbiamo fra le mani ci offre una vasta e completa panoramica sul sistema di produzione operistica in questo angolo dell'Adriatico, nel periodo che va dall'Unità d'Italia alla fine della Grande Guerra, di un significativo campione di sale di varia importanza e capienza.
Un sistema di produzione per nulla dissimile da quello dei teatri di media grandezza della Penisola, e che verteva sul ricorso alla figura dei molti impresari ed agenti teatrali di professione, cui veniva affidato l'incarico di organizzare le stagioni d'opera; le quali facevano conto su artisti quasi sempre italiani, e prevedevano sia opere già collaudate, sia recenti novità. Titoli sempre uscenti, salvo rari casi – vedi una Carmen, un Faust, un Lohengrin – dalla penna di compositori italiani, con Verdi in prima linea.
Il sostegno pubblico conta, ma c'è chi ne fa a meno
Cristina Scuderi indaga per il lettore le modalità di amministrazione dei singoli teatri, in maggioranza gestiti da società di azionisti/palchettisti; le procedure di sovvenzioni pubbliche, pur se taluni teatri - come il Mazzoleni di Sebenico o il Politeama Cescutti di Pola - vantavano un'orgogliosa autonomia. Soprattutto viene esaminato a fondo il procedimento degli appalti, le strategie artistiche e l'attività pratica sul campo di agenti e degli impresari teatrali - generalmente italiani - destinatari di essi, in un succedersi di gestioni dei cartelloni che non sempre davano piena soddisfazione ai committenti.
E che qualche volta segnavano pure il dissesto finanziario o la precipitosa fuga del commissionario. Preziosa poi l'indagine sulle caratteristiche delle forze artistiche impiegate - cantanti, direttori, orchestrali, coristi, danzatori, tecnici - e la puntuale mappatura degli spettacoli, compresi balletti ed operette, offerti in quegli anni al loro pubblico.
Un lavoro complessivo ingente, che ha richiesto un'analisi comparata e meticolosa di migliaia e migliaia di documenti, spesso di arduo reperimento e consultazione. E non tutti conservatisi sino ad oggi. Per fare due esempi, gli incartamenti amministrativi del Teatro Bonda di Ragusa sono in buona parte dispersi negli archivi cittadini; mentre i copialettere del Teatro Nuovo di Zara nel tempo si sono sbiaditi, divenendo di fatto illeggibili.
Documenti tutti rigorosamente in italiano
Portandoci a viaggiare fra manoscritti, dattiloscritti e stampe; fra capitolati d'appalto e contratti; fra istanze e corrispondenza, locandine pubblicitarie ed articoli di giornali – materiale tutto normalmente redatto in italiano – e con il sussidio delle precedenti ma limitate pubblicazioni in argomento, Cristina Scuderi propone al lettore un panorama di casi studio e di microstorie veramente ricco e vario, sebbene limitato a quest'angolo d'Europa a noi vicino e distante al tempo stesso.
Territorio all'epoca ancora culturalmente e socialmente legato all'Italia, sebbene sottomesso ad un'autorità politica – quella asburgica - estranea alle popolazioni locali, croate o italiane che fossero. Genti viventi, tutto sommato, per secoli in pacifica e proficua convivenza, prima che i tragici eventi della storia scavassero fra loro una frattura profonda, che solo da poco si sta pian piano ripianando.
Organizzare l'opera (1861-1918) - Teatri dell'Adriatico Orientale
di Cristina Scuderi
Libreria Musicale Italiana Editore
Pag. 550 – € 42,00